1977 II° Convegno di Studi

ENTE PROVINCIALE PER IL TURISMO – VITERBO & CENTRO DI STUDI SUL TEATRO MEDIOEVALE E RINASCIMENTALE

IL CONTRIBUTO DEI GIULLARI ALLA DRAMMATURGIA ITALIANA DELLE ORIGINI

VITERBO, 17-19 giugno 1977

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

Venerdì 17 Giugno

Ore 9,30 Sala delle Conferenze dell’Amministrazione Provinciale (Via Saffi).

Apertura dei lavori

Saluto del dott. Italo Arieti, Presidente dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo, del Rag. Santo Di Gregorio, Vicesindaco di Viterbo e dell’Avv. Marcello Polacchi, Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Viterbo.

Introduzione ai lavori del Prof. Federico Doglio, Direttore del Centro di Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale.

Relazioni e comunicazioni

FRANCO ALESSIO, Cultura, ‘Artes’ e Istituzioni dal XII al XIII secolo.

MASSIMO OLDONI, Tecniche di scena e comportamenti narrativi nel teatro pro­fano mediolatino (secc. IX-XII).

ILEANA PAGANI, Il teatro in un commento altomedievale ad Orazio (Appunti).

AURELIO RONCAGLIA, Il repertorio giullaresco nell’XI sec. Problemi ricostruttivi.

DIEGO CARPITELLA, I giullari e la questione della circolazione culturale nel Medio Evo.

EUGENIO BATTISTI, Interstizi profani nell’arte figurativa.

CHIARA SETTIS FRUGONI, La rappresentazione dei giullari nelle chiese fino al XII sec.

Ore 19 Piazza S. Lorenzo

Spettacolo di giullari «IL DETTO DEL GATTO LUPESCO» realizzato dal «Teatro di Ventura» per la regia di Ferruccio Merisi.

Sabato 18 Giugno

Ore 10 Sala delle Conferenze dell’Amministrazione Provinciale

Prosecuzione dei lavori.

Relazioni e comunicazioni

JEAN MAILLARD, Considérations musicales sur l’apport des ‘trouvers’ et jongleurs dans la formation du théâtre moderne.

GIANFRANCO FOLENA, Le tenzoni giullaresche dei trovatori in Italia · come genere teatrale.

GIUSEPPE TAVANI, Funzione comunicativa e azione ipnotica dei testi giullareschi.

LUCIANA STEGAGNO PICCHIO, Lo spettacolo dei giullari.

CARLA CASAGRANDE – SILVANA VECCHIO, L’interdizione del giullare nel vocabolario clericale del XII e del XIII secolo    .

ROSANNA BRUSEGAN, La farmacia del giullare ricette, reliquie e discorsi da vendere.

GIOVANNA ANGELI, La ‘Besturnée’: monologo drammatico anglonormanno.

LUDOVICO ZORZI, La ‘Frottola’ di Francesco di Vannozzo tra giulleria e drammaturgia.

Ore 19 Piazza S. Lorenzo

Replica dello spettacolo di giullari.

Domenica 19 Giugno

Ore 10 Sala delle Conferenze dell’Amministrazione Provinciale

ROBERTO LEYDI presenta lo spettacolo popolare «I Cantastorie di Pavia»:

1) Videoregistrazione.

2) I cantastorie spiegano il loro spettacolo. A cura dell’Assessorato Cultura della Regione Lombardia.

Conclusioni e chiusura dei lavori.

Ore 19 Piazza S. Lorenzo

Replica dello spettacolo di giullari.

 

Introduzione del prof. Doglio

Il nostro avventuroso viaggio, alla riscoperta delle origini del teatro in Italia, continua. Dopo l’esplorazione del vasto e ricco pa­trimonio della liturgia cristiana, osservata nelle forme dei riti pe­nitenziali della Settimana Santa, fra i secoli X-XIII, riti che hanno rivelato un complicato processo evolutivo verso una comunicazione, sempre più aperta al popolo cristiano, di temi e di fatti evangelici espressi con un linguaggio mimico-gestuale-fonico-musicale di grande significato estetico e di autentica suggestione, gli illustri studiosi che hanno accolto il nostro invito illustreranno, quest’anno, il con­tributo dei giullari. Infatti, come è noto, negli stessi secoli in cui l’azione culturale promossa dalla Chiesa informava di sé i princi­pali aspetti della vita intellettuale ed artistica d’Europa, esistevano altre espressioni d’antichissima origine, sopravvissute alle invasio­ni barbariche, alle distruzioni di città e d’opere d’arte; fra queste appare, di primaria importanza per il nostro lavoro, l’attività dei giullari.

Multiforme famiglia, questa dei giullari, dalle cento sottospe­cie che comprendevano i saltimbanchi, come i domatori d’animali ammaestrati, i giocolieri come i cantafavole, i cantori di poemi epico-cavallereschi i suonatori di strumenti e i musici, i banditori ei «comici», gli istrioni dal vario repertorio più o meno improv­visato, più o meno comprensivo dei temi e dei modi sarcastici e di quelli apologetici nei confronti del potere ecclesiastico e civile.

Una grande famiglia, erede d’una tradizione millenaria – come intuì per primo, nel ‘700, il Muratori nella sua celebre «Disserta­zione XXIX», – e come confermò, nel primo decennio del nostro secolo, il Faral; una famiglia cresciuta all’ombra di tante culture, quella greco-latina, quella cristiana d’oriente ‘e d’occidente, quella delle diverse stirpi barbariche: longobarda, normanna, franca e insieme bizantina e pure musulmana.

Una famiglia che esprime i frutti della sua piena maturità ar­tistica: poesia-canto-gesto-spettacolo, nel XIII secolo. Scriveva 1’Apollonio (in «Uomini e forme della cultura italiana delle ori­gini»): «L’uomo nuovo della cultura italiana del ‘200 è il giul­lare» e ne metteva in risalto il significato ‘ e il ruolo culturale nel contesto politico-economico-sociale della civiltà comunale e signo­rile, alla quale portava il dono di una spregiudicata libertà della fantasia espressa nei modi della nuovissima lingua che, proprio grazie al giullare, entrava nel vivo rapporto interpersonale e in­terclassista della vita quotidiana.

Dunque, mentre nelle chiese, nei monasteri e nei conventi si elaboravano e si evolvevano le forme del rito-spettacolo che, nei successivi secoli, sarebbe uscito fuori dell’ambito ecclesiastico pro­ducendo le forme drammatiche delle confraternite: le Laudi e poi quelle più spettacolari dell’intera comunità cittadina: le Sacre Rap­presentazioni, nelle piazze, nei trivi e nei quadrivi, nei cortili dei palazzi, talora persino delle abazie (la storia della passione degli ecclesiastici per i giullari e delle condanne ufficiali della Chiesa nei loro confronti, è da ristudiare), esplodeva la gioiosa, scanzonata, irridente, liberatoria festa giullaresca. Anch’essa, come il rito, for­ma pre-teatrale, avrebbe dato in seguito utile supporto alla rina­scita delle antiche forme della tradizione greco-latina: tragedia e commedia, nei secoli del primo Umanesimo e del pieno Rinasci­mento, intanto serviva a restituire, istituzionalizzandola e confermandola nel tempo e nel costume, la pratica significativa di un rapporto diretto, aperto, nonconformistico fra «attore» e pub­blico.

Poesia e gesto sacro e profano, le due componenti, compre­senti e complementari della vita civile del nostro Medio Evo, ven­gono così ad essere valutate e confrontate in questi nostri Con­vegni viterbesi; prime tessere d’un mosaico variopinto e di com­plesso disegno che ci auguriamo di poter arricchire, anno dopo anno, recuperando il significato di una cultura che è all’origine della nostra storia individuale e comunitaria e che, tuttora, ispira e conferisce valore ai pensieri degni e ai momenti positivi della nostra esistenza.

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