1980 V° Convegno di Studi

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VITERBO & CENTRO DI STUDI SUL TEATRO MEDIOEVALE E RINASCIMENTALE & E.P.T. DI VITERBO

LE LAUDI DRAMMATICHE UMBRE DELLE ORIGINI

VITERBO, 22-23-24-25 Maggio 1980

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

Giovedì 22 maggio

Ore 16,00 Palazzo degli Alessandri, Piazza San Pellegrino

Proiezione continuata dei filmati relativi agli spettacoli dei preceden­ti Convegni (1976, 1977, 1978, 1979):

  • Liturgia medioevale della Passione.
  • Detto del gatto lupesco.
  • De uxore cerdonis.

Venerdì 23 maggio

Ore 9,30 Sala delle Conferenze dell’Amministrazione Provinciale (via Saffi)

Apertura dei lavori

Saluto del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Viterbo, dell’Assessore alla Cultura di Viterbo, del Presidente dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo e del Sindaco di Viterbo.

Introduzione ai lavori di Federico Doglio, Direttore del Centro di Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale.

Premiazione dei vincitori del bando di concorso per due borse di studio sul teatro.

Relatori

PAOLO BREZZI, La religiosità popolare tardoducentesca nel quadro della società italiana coeva.

IGNAZIO BALDELLI, La lauda assisana lirica, narrativa e drammatica.

SILVANO MAGGIANI, Liturgia e “liminalità” della Lauda Drammatica delle origini.

Ore 16,30

Ripresa dei lavori

Relatori

AURELIO RONCAGLIA, Da Avicebron a Iacopone.

ENRICO MENESTÒ, Le Laude drammatiche di Iacopone da Todi: fonti e struttura.

FRANCO MANCINI, Temi e stilemi della Passio umbra.

Ore 21,30 Sala dei Convegni del Palazzo Papale

Rappresentazioni di Laudi assisane «Guarda bene, disciplinato…» ad opera de “Il Baraccone” per la regia di Luigi Tani.

Sabato 24 maggio

Ore 9,30 Sala delle Conferenze dell’Amministrazione Provinciale

Prosecuzione dei lavori

Relatori

PIETRO SCARPELLINI, Echi della lauda drammatica nella pittura umbra.

JOSELITA RASPI SERRA, Le Confraternite nella realtà strutturale ed urbana.

ADRIANO MAGLI – ANNA MARINA STORONI, Sviluppo delle laudi drammatiche in rapporto al concetto di spa­zio e di tempo.

PRAZIO COSTA, Diverse dimensioni interpretative della Lauda drammatica.

AGOSTINO ZIINO, Sequenza e laude: nuove tessere musicali per un’ipotesi.

Ore 16,00

Escursione a Soriano nel Cimino organizzata dall’E.P.T. di Viter­bo, dalla Pro Loco e dal Comune di Soriano.

Sala del Consiglio Comunale

Relatore

RUGGERO RUGGIERI, Ricordo di Ernesto Monaci.

Ore 17,00 Viterbo Sala dei Convegni del Palazzo Papale

Replica di Laudi assisane «Guarda bene, disciplinato…».

Ore 21,30 Chiesa di S. Maria Nuova (Piazzetta omonima)

Concerto «Il Laudario di Cortona» eseguito dal “Quintetto Poli­fonico” diretto dal Maestro Clemente Terni.

Domenica 25 maggio

Ore 9,30 Sala delle Conferenze dell’Amministrazione Provinciale

Prosecuzione dei lavori

Relatori

MANUAEL SITO ALBA, La struttura radiale nel teatro religioso spagnolo del Medioevo.

DANIEL POIRION, Adam un “Mythe d’origine” comme origine du genre dramatique français.

PETER MEREDITH, The York cycle and the beginning of English vernacular drama.

Ore 21,30 Sala dei Convegni del Palazzo Papale

Replica di Laudi assisane «Guarda bene, disciplinato…».

Introduzione del prof. Doglio

Questo nostro quinto convegno si apre, oggi, nel segno della fe­deltà ai nostri propositi originari. Quando, nel 1976, al termine del primo incontro sulle “Dimensioni drammatiche della liturgia me­dioevale”, il comitato scientifico prese atto del risultato positivo con­seguito, grazie ai contributi culturali degli studiosi presenti ma, so­prattutto, all’eccezionale prestazione “artistica” dei padri Benedetti­ni, fu proprio Orazio Costa, il più artista e il meno accademico fra di noi, ad indicare il metodo da seguire per gli anni avvenire: esplorare i multiformi modi espressivi, i linguaggi e le forme della drammatur­gia medioevale, procedendo con ordine, secondo lo sviluppo crono­logico degli eventi culturali ed artistici, Seguendo questa indicazione, abbiamo, sinora, illustrato, con i contributi dei maggiori specialisti dei diversi ambiti della cultura medioevale attinente la vita dello spettacolo, dopo le forme paraliturgiche, il ricco e spregiudicato ap­porto della creatività giullaresca, la sperimentazione drammaturgica delle “scholae” ecclesiastiche capaci di ricreare situazioni drammati­che nelle “comoediae” elegiache, , infine, lo scorso anno, la rinasci­ta della tragedia nell’ambiente preumanistico dell’università di Pado­va.

Questo metodo di lavoro ha consentito di raccogliere gli studi degli specialisti in una serie di “atti”, che costituiscono ormai un’in­dispensabile collana consultabile da chi si occupa di teatro medioe­vale, una serie di saggi su temi che da almeno cinquant’anni erano assenti o in penombra nella cultura italiana.

La formula del convegno-spettacolo ha permesso poi una stimo­lante verifica dell’idea del teatro medioevale, della sua reale vitalità, della sua possibile riproposta è fruizione, e da pane di interpreti competenti e da pane del pubblico, non solo formato da specialisti, ma da persone di media cultura e da giovani.

Sono tutte esperienze che hanno già lasciato un segno e che sono entrate nel circolo vivo della cultura militante italiana, rispondendo ad un’esigenza legittima, e largamente sentita anche dagli strati po­polari, di un recupero della propria storia culturale ed artistica, pa­trimonio autentico che è di tutti, e che tutti hanno il diritto-dovere di utilizzare secondo le proprie possibilità.

Quest’anno gli studiosi ci aiuteranno a recuperare un momento fondamentale della nostra storia artistica e letteraria, il momento della creazione della “lauda drammatica” nel contesto socio­culturale delle confraternite umbre del XIII secolo. È il momento storico che segue la nascita dell’ordine francescano e che, grazie alla straordinaria spiritualità del Santo mistico-poeta-riformatore, ridon­da positivamente nel popolo cristiano animandolo ad assumere ini­ziative caratterizzanti.

È, infatti, ad opera di questi gruppi di laici devoti e penitenti (era ancor recente il ricordo della predicazione di Ranieri Fasani, che invitava suggestivamente gli abitanti di Perugia e delle altre città a fa­re penitenza e a superare le contrapposte posizioni politiche e sociali) che nasce, oltre la fioritura delle “laude-preghiere”, liriche (si pensi al Laudario di Cortona), le “laude narrative e drammatiche” in lingua italiana.

Con un processo similare a quello che, fra il X e il XII secolo aveva prodotto, nell’area culturale benedettina, in varie pani d’Eu­ropa, la “rinascita del dramma dallo spirito della liturgia”, cioè i pri­mi dialoghi drammatici intonati in gregoriano e in lingua latina, sor­ge in volgare questa, dapprima timida poi sempre più sicura, dram­maturgia, con la sceneggiatura dei momenti forti della Passione di Cristo e della Vergine.

L’accento in queste laudi di ambiente assisano è tutto posto sulla figura di Maria, presentata con carattere di vera madre, umana­mente sofferente, secondo la ormai diffusa interpretazione dello pseudo Bonaventura; in questa figura si riflette la sensibilità popola­re e religiosa dei membri delle confraternite, la loro fede genuina e il loro senso drammatico della vita.

Benché il tema della genesi della lauda drammatica sia ceno as­sai complesso, e gli studiosi ne delineeranno l’itinerario e lo svilup­po, il rapporto con la società del tempo, con la letteratura, la musica e l’arte figurativa, assai autorevole nell’Assisi fra Cimabue e Giotto, ed io non posso ceno anticiparne ricerche e conclusioni, debbo tut­tavia dire perché siano state scelte le laudi assisane ad illustrazione di questo fenomeno poetico.

Lavorando sulla base di un’indicazione di Ignazio Baldelli, che con la sua competenza specialistica ha indirizzato, a nome del comi­tato scientifico, i lavori di questo convegno, ho cominciato a ripren­dere in mano i testi base di quegli studiosi di quella memorabile scuola storico-filologica, primo fra tutti il Monaci lo scopritore del “corpus” perugino, e poi il Giuseppe Galli e il De Bartholomaeis, per offrire al regista un abbondante “corpus” di testi attendibili. L’indi­cazione di Baldelli e i testi degli studiosi, in realtà, segnalavano nell’area assisiana, una delle centrali poetiche più arcaiche e caratte­ristiche, e la lettura di alcune laudi inedite mi confermava nell’opi­nione che, in quell’ambito, poteva essere osservato legittimamente il fenomeno della genesi della lauda drammatica.

Infatti, seguendo il Monaci, e il Galli del saggio “I Disciplinati dell’Umbria del 1260 e le loro laudi” (GSLI supp. 9, 1906) si vede chiaramente che il passaggio dalla lauda lirica a quella narrativa e poi drammatica si attua su testi d’area assisiana, in cui protagonista è Maria che si rivolge ai devoti di Gesù.

Esaminando con occhio di uomo di spettacolo questi testi predi­sposti dal Galli notai, tuttavia, un elemento rilevatore su cui non si era soffermato sinora l’attenzione d’alcuno studioso, cioè il contesto, costituito appunto dai devoti, che il testo stesso, cioè la lauda, rivela­va direttamente, facendo indirizzare le parole di Maria monologante ai devoti, come nella AS 9: “Voi che ‘l mio figliol servete”, oppure dialogante con essi, come nell’AS 11: “O discepogli della croce…”.

L’evoluzione, in senso di autentica drammaturgia in atto, è de­nunciato dal progressivo infittirsi dei personaggi che, con Maria, dialogano con la Confraternita e dal progressivo animarsi dei loro gesti e movimenti.

Tutto comunque resta su di un piano di “devozione”, di medita­zione attiva di un rito penitenziale, in cui alla flagellazione succede­va, appunto, prima la lettura, poi col passar degli anni, la “rappre­sentazione” dei momenti forti della Passione, infine la “sceneggiatu­ra” svincolata dal contesto.

Il “corpus” assisiano che i nostri attori, in pane, rappresente­ranno vuole dunque illustrare questo momento nascente di una nuo­va drammaturgia, tanto fortemente radicata nel suo contesto origi­nario, tanto intensa quanto “intima”, rappresentata nell’Oratorio a vantaggio dei Devoti, e che, solo nei decenni del primo ‘300, diven­terà autonoma e sarà recitata all’aperto davanti al popolo, iniziando quella parabola che la muterà poi in ampia, spettacolosa e scenogra­ficamente suggestiva Sacra Rappresentazione.

Dicendo questo ho segnalato, quindi, la novità del nostro tenta­tivo: quella di mostrare per la prima volta, dopo secoli d’oblio e di artificiosa strumentalizzazione “ad uso della scena”, testi nati in un ‘ambito chiuso intensamente religioso e penitenziale, rispettandone la condizione originaria, e offrendo agli spettatori di oggi un’esperienza culturale che crediamo suggestiva.

Continua così il nostro lavoro di “restauratori” del repertorio italiano delle origini, nella speranza che, col passar del tempo, coll’offerta di occasioni di riflessione agli uomini responsabili del no­stro teatro militante, si giovi al recupero di una tradizione illustre e ricca di valori poetici e culturali, si colmi lo “jatus’ tuttora esistente fra studiosi di testi e operatori di spettacolo, fra colti specialisti e pubblico di gente comune, un pubblico di lavoratori e di studenti, che manifesta sempre più chiaramente, ormai, la sua insofferenza per l’abuso consumistico di molto teatro di “routine” e la sua dispo­nibilità ad accogliere messaggi significativi sul piano civile e morale, per un’autentica crescita che conferisce un senso all’impegno della vi­ta quotidiana.

Il Centro di Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale, che è sostenuto dalla simpatia operosa dell’Amministrazione Provinciale di Viterbo, si propone di consolidare il rapporto attivo con la popo­lazione della città e della Tuscia, risvegliando l’interesse dei giovani verso questi temi della cultura medioevale, che tanto hanno caratte­rizzato e segnato positivamente la storia, l’architettura, la pittura della loro terra, preparando quadri operativi che possano poi conti­nuare, sul piano delle ricerche, nella prospettiva delle nuove facoltà universitarie, gli studi intrapresi, ‘ sul piano degli spettacoli, queste nostre provocatorie rappresentazioni, affinché il Centro stesso di­venti, davvero, un “bene culturale” per tutti.

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